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oskar kokoschka - orbis  pictus

di domenico ermirio

dicembre 2015

personaggi in riviera

... ho vissuto nello spazio non nel tempo.
 
È una tra le frasi significative nell'autobiografia di Oskar Kokoschka, uno dei più importanti pittori del '900 che, a quasi novant'anni, scrive di sé stesso con l'entusiasmo e la semplicità di un ragazzino. È stata una vita densa, a fianco dei grandi drammi dell'Europa moderna e di personalità artistiche che ne hanno segnato la storia: la racconta in un libro avvincente, pulito e appassionante ed estremamente profondo. Con l'occhio analitico di uno scienziato, aperto e vigile di un investigatore e acuto come quello di un chiaroveggente, scruta in profondità non solo i soggetti delle proprie opere (siano esse nature morte, paesaggi o ritratti) ma anche la realtà del mondo arrivando a conclusioni che sembrano riferirsi più al nostro presente che al suo. Tutto è incominciato con il primo libro ricevuto in regalo dal padre, l'Orbis pictus di Jan Amos Komensky teologo, religioso ed educatore che già nel XVII intuisce l'importanza di un testo illustrato come primo passo per avviare i bambini nella comprensione del mondo. Il piccolo Oskar scopre un tesoro: non smetterà mai di osservare e di apprendere osservando.
 
Anche se influenzato da molte correnti del suo periodo (tra cui lo jugendstil, l'espressionismo e il cubismo) non aderisce mai completamente ad una e si mantiene ugualmente distante da tutte. La sua autonomia è il riflesso delle proprie convinzioni (è un credente e non verrà mai del tutto meno alla fede cristiana), dell'ammirazione per la pittura antica (tra i suoi prediletti Tiziano e Rembrandt per la loro fantastica "luce interiore"), della concezione sempre tridimensionale dello spazio (non così come per l'arte "decorativa" di inizio secolo), della necessità di mantenere l'essere umano come il "metro di tutte le cose", dell'impossibilità di sostituire l'individuo con un'umanità forgiata dalla macchina, una massa che sull'onda di novità tecnologiche e del tanto desiderato benessere economico finisce per diventare "forza lavoro", calpestando la natura e la storia di cui è figlia.
 
Durante la Prima Guerra e nella successiva confusione ideologica che dilaga aprendo la strada una nuova e ancor più terrificante prospettiva (l'avvento dei regimi totalitari), Kokoschka osserva il crollo della ragione umana, la fine di antichi valori e culture. Comprende che il suo antidoto non è nell'isolamento, ma nel rintracciare la "luce" che ancora resta nel mondo. Viaggia per scoprire con i propri occhi quello che aveva appreso da piccolo nel libro di Comenius, per conoscere il mondo attraverso l'osservazione diretta, prima che sia definitivamente devastato. Vuole ritrovare le civiltà del passato, spostandosi da uno spazio all'altro e dimenticandosi del tempo. È in giro tra l'Europa, il Nord Africa, il Medio Oriente, Praga, Londra, Stati Uniti e infine si stabilisce in Svizzera: l'estate del 1933 lo trova a Rapallo.
 
Incontrai un ricco olandese, un omosessuale, che mi invitò nella sua proprietà a Rapallo. Dipinsi un grande ritratto di sua moglie, che era incinta, e poi uno di lui, travestito da Bacco. Eppure non riuscii a convincerlo a pagarmi il biglietto per Vienna. Quando uno dei miei amici anticipò i soldi del biglietto, mi congedai dall'olandese con uno schiaffo, l'unico schiaffo che ho dato in vita mia.
 
L'olandese a cui si riferisce è Bob Gesinus-Visser, anch'egli appassionato di pittura, ma soprattutto uno degli ultimi mecenati nella storia dell'arte. Nella "Villa Olimpo" di Rapallo (una delle antiche dimore lungo la Via Aurelia) così come nelle altre residenze in Europa, ama circondarsi di artisti di fama. Durante l'estate ospita contemporaneamente Kokoschka e Rudoph Levy esponente dell'espressionismo tedesco esule dalla Germania per le nuove leggi antisemitiche. Entrambi dipingono en plein air così, oltre ai tre ritratti dei coniugi Visser (due dedicati a Bob, ma uno incompiuto), Kokoschka ci lascia altri quattro dipinti con soggetti rapallesi. Si tratta di ampie vedute, ciò che preferiva in quel periodo in accordo con lo scopo dei suoi viaggi: osservare per conoscere il mondo e riportarne l'immagine su tela. Che sia il balcone di un Grand Hotel o la cima di una scogliera, ciò che importa è catturare con gli occhi la moltitudine di oggetti e persone che definiscono lo spazio e ritrarre quel movimento: sono immagini dense di vita e di natura, opere che rimandano in qualche modo ai grandi vedutisti del '700.
 
Dopo aver viaggiato per imparare a vedere e scoprire con gli occhi, capisce che deve lasciare un'eredità ai nuovi artisti e insegnare loro a osservare. Per dieci anni la Scuola del Vedere (Schule des Sehens) forse il coronamento della propria attività, ha portato a Salisburgo giovani da tutto il mondo, contagiati dalla passione di un grande uomo che ha saputo varcare i confini di spazio e tempo entrando già con la sua vita nella storia. Nella sola Rapallo (per quel che ci racconta) incontra la fotografa Marianne Breslauer (moglie del suo futuro agente Walter Feilchenfeldt), la giornalista americana Dorothy Thompson (corrispondente per il NY Tribune) e conosce Gerhart Hauptmann (Premio Nobel per la Letteratura, 1912). Storia di un Europa non troppo lontana dove l'esistenza di uno si incontra con quelle di molti fra i grandi personaggi del suo tempo (Loos, Casals, Furtwängler, Trackl, Altenberg, Lagerlof, Pound… solo per fare qualche nome).
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citazioni e riferimenti da: O. Kokoschka, La mia vita (a cura di C. Benincasa), Marsilio Editori
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