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george grosz- ein wintermärchen

di domenico ermirio

marzo 2016

personaggi in riviera

Nel Marzo del 1920 in Germania un colpo di stato guidato dall'estrema destra (conosciuto più tardi con il nome di "Putsch di Kapp") mina la stabilità della nuova Repubblica di Weimar, anche se solo per qualche giorno. Ci sono disordini per le strade, scioperi, manifestazioni e anche scontri armati tra le diverse fazioni politiche. A Dresda, nella Galleria Zwinger un quadro di Rubens è colpito da una pallottola che evidentemente non è andata a segno. Oskar Kokoscha, professore dell'Accademia (e di cui ci siamo occupati nella newsletter dello scorso dicembre), fa una dichiarazione pubblica, esortando i leader politici delle parti avverse di scontrarsi tra loro, invece di coinvolgere la popolazione e comunque di farlo lontano dalle gallerie d'arte, suggerendo con ironia un luogo più idoneo come il circo. Crede che i tedeschi di domani dovranno la loro felicità più a un Rubens che ai risultati dell'odierna politica tedesca. La reazione alla dichiarazione di Kokoschka è molto forte, tanto che in quei giorni ha addirittura paura ad uscire di casa. Anche alcuni artisti criticano le sue affermazioni e la risposta di George Grosz non si fa attendere. Pubblica un articolo intitolato Der Kunstlump (L'artista miserabile) sulla rivista Der Gegner (L'avversario):

Accogliamo con gioia il sibilo delle pallottole nelle gallerie e nei palazzi, che vadano pure a colpire le opere maggiori di Rubens, piuttosto che le case dei poveri e degli operai.

Non è difficile notare questa differenza ideologica confrontando l'opera e la vita di Kokoschka e di Grosz, entrambi nei cataloghi di quella che i nazisti definivano "Arte Degenerata". Se il primo decide di compiere la propria missione salvando ciò che di buono e bello resta nel mondo prossimo alla fine (viaggiando in Europa, Medio Oriente, Africa settentrionale), il secondo fa della denuncia di tale decadenza il suo soggetto preferenziale. Le opere di maggior successo di Grosz sono quelle che senza mezzi termini rappresentano i vizi, le debolezze e le ingiustizie della società in cui vive. Considerato spesso più un caricaturista, che un pittore - per i soggetti stereotipati e il costante ricorso a simboli, oltre al generale senso di ridicolo e di enfasi - è quello che si può definire un artista impegnato, che mette la propria abilità a servizio di una determinata ideologia e della denuncia sociale.
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Convinto comunista non esita a ridicolizzare i poteri dominanti dello stato (politici, militari, borghesi, capitalisti, sacerdoti) a ritrarre la desolazione e la miseria delle classi meno abbienti e le gozzoviglie e i vizi degli uomini arricchiti. I toni sono quelli della caricatura da giornale, ma anche della pittura metafisica e distaccata di De Chirico e talvolta delle immagini apocalittiche e profetiche di Hieronymus Bosch. Nato a Berlino nel 1893 George Groß (in seguito Grosz, per una sorta di filo-americanismo) dimostra fin da giovane la propria abilità nel disegno, ma negli anni seguenti, di pari passo con la sua maturazione artistica e ideologica essa perde d'importanza: meglio un segno aspro, sgraziato, quasi infantile se il soggetto appare più chiaramente. Ogni tanto il suo straordinario talento riaffiora in qualche opera, considerata inevitabilmente "minore" perché in fondo quello non è Grosz: per lui l'arte e l'artista hanno un senso solo se dotati di una funzione sociale.

Vi siete mai chiesti se non sia ora di smetterla con le vostre decorazioni di madreperla? … I vostri pennelli e le vostre matite, che dovrebbero essere armi, non sono altro che cannucce di paglia.

Traspare quasi sempre un senso di cinico e disilluso sarcasmo, a volte di severa condanna, spesso di preveggenza (come ne L'agitatore del 1928 con un riferimento al pericolo di Hitler e del suo potere, quando ancora da molti era considerato un personaggio secondario in Germania) e in generale di odio e risentimento. Le sue immagini dissacranti gli costano più di una denuncia e di un processo l'ultimo dei quali si conclude nel 1930 ed è per l'accusa di blasfemia in seguito alla pubblicazione del disegno Cristo con la maschera antigas - Tenere la bocca chiusa e continuare a servire. Nel 1931 è invitato ad insegnare presso la Art Students League di New York, e ovviamente coglie al volo l'occasione per fuggire dall'imminente follia europea. Si trasferisce negli Stati Uniti con la famiglia (la moglie Eva Peters e i due figli Peter Michael e Martin Oliver) nel 1933 e vi risiede più o meno stabilmente fino al 1958. Non rinuncia alle proprie convinzioni comuniste, ma esse sembrano perdere importanza negli Stati Uniti, e i suoi lavori di denuncia si trasformano in echi o immagini di profonda pietà per il massacro europeo. In realtà Grosz aveva viaggiato anche nella Russia di Lenin, ma al suo arrivo, l'accoglienza non fu delle più ospitali: insieme all'amico Martin Andersen-Nexø fu arrestato come presunta spia. Chiarito poi il malinteso ebbe modo di conoscere alcuni esponenti politici tra cui lo stesso Lenin, ma evidentemente ciò non fu abbastanza da spingerlo a scegliere quello come luogo di "esilio" piuttosto che gli Stati Uniti.
Nel 1921 grazie al sostegno di Felix Weil (figlio del ricco commerciante Hermann Weil e tra i fondatori nel 1924 dell'Istituto per le Ricerche Sociali di Francoforte, legato alle teorie marxiste) George e la moglie Eva possono compiere un viaggio in Italia  e sono ospiti di Felix a Portofino, pur non avendolo mai conosciuto di persona. Felix è interessato a tutto ciò che è collegato con le problematiche sociali e anche agli artisti "impegnati" politicamente, tra cui Grosz, già preso di mira da parte dell'opinione pubblica "benpensante". Con lo spirito di un mecenate, decide che l'artista si merita una vacanza e quale posto migliore della Riviera Ligure e soprattutto dello splendido Castello Brown, affittato per la stagione? Il lato più straordinario di questo viaggio è che Felix (chiamato poi benignamente Lix) ha soltanto 23 anni!

Cenammo meravigliosamente a Genova e poi una vecchia carrozza ci condusse nel crepuscolo italiano, in un paesaggio quasi da teatro. Un grande cancello di ferro si aprì e un cameriere in livrea prese i nostri bagagli. Dopodiché il nostro padrone di casa ci diede il benvenuto. Era un uomo alto e giovane, più giovane di quanto credessi. Gli andammo a genio fin da subito; … Nuotavamo e andavamo in canoa insieme, o ci divertivamo gettandoci l'acqua addosso e lottando con i fiaschi vuoti del Chianti inzuppati. Riesco ancora a vederlo, in piedi sulla sua piccola terrazza sopra di noi che nuotavamo verso una boa nel limpido e blu Mediterraneo, mentre ci gridava di fare attenzione a possibili squali - e quei pasti serviti in grande stile nell'antica sala da pranzo del Castello Brown! Porte e finestre spalancate - chiaro di luna, caldo, notti irreali da favola.

Felix continuerà ad essere d'aiuto al pittore nei momenti più difficili e Grosz gli dedicherà un ritratto (1926). La parentesi di Portofino, a differenza di Kokoschka che in Riviera ha trovato parte di quel mondo che aveva bisogno di scoprire con gli occhi, sembra che per Grosz sia stata una semplice vacanza e non tanto un momento di ispirazione artistica. Grosz non può trovare ispirazione nel paesaggio, nel mare, nella natura, anche se ammira tutto questo. La sua utilità può essere solo nella lotta sociale e nella denuncia (non morale, ma politica) dei mali della propria nazione. Torna in Germania, dopo il lungo periodo americano, forse con la curiosità di chi è rimasto molto lontano dalla propria casa o forse per dipingere un altra Fiaba d'Inverno della nuova Germania. Il suo ultimo soggiorno a Berlino è breve. Dopo poco più di un mese dal suo arrivo muore in modo grottesco: ubriaco, cade dalle scale dell'androne. [d.e.]
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